Giuseppe Beretta, “Da Mazzini al Fascismo?“

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Di Santi Maria Randazzo

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Giuseppe Beretta, così come illustrato nel n. 47/2014 di “ Agorà” (1), era il maggior collaboratore, fra i tre letterati che elaboravano i testi dei lavori del regista catanese Ugo Saitta, assieme al prof. Caponnetto e a Giuseppe Fava, il noto giornalista assassinato dalla mafia. Suo, in particolare, il commento sonoro del documentario “ Catania Città Barocca”, girato nel 1955 e trasmesso dalla RAI nel 1961, che così veniva commentato dal giornale “ La Siciia” del 6 maggio 1961: “

Suggestivo il documentario di Ugo Saitta alla TV – Catania Città Barocca – Un ottimo ” Parlato” di Giuseppe Beretta ed eccellenti musiche del maestro Virgilio Chiti hanno commentato le riuscite sequenze”. (2) Proveniendo dalla “ Normale” di Pisa, dove aveva collaborato con il Sapegno, Giuseppe Beretta veniva considerato in Italia un importante studioso dantesco e scrisse articoli e testi di vario genere: dalla linguistica, alla letteratura, alla storia, alla politica, alla pedagogia, alla didattica; non pubblicando molti di questi suoi lavori che oggi molti dei quali, quali manoscritti originali, sono stati donati dalla sua famiglia alla biblioteca dell’Archivio di Stato di Catania;  copia degli stessi manoscritti sono stati donati dalla famiglia alla biblioteca Ursino Recupero di Catania.

In questa sede vogliamo pubblicare uno dei suoi scritti ( steso probabilmente tra gli anni ‘60/’70 del secolo scorso), che costituisce, quasi, una riflessione storico-politica sulle confluenze di alcune idee del movimento mazziniano nella elaborazione del progetto politico fascista. Giuseppe Beretta ha intitolato questo suo breve articolo “ Da Mazzini al Fascismo? “, che qui viene riproposto integralmente nel contenuto, così come lui lo scrisse. Certo c’è sempre da chiedersi perché un intellettuale, quale era Giuseppe Beretta, non abbia ritenuto, voluto o potuto pubblicare un suo scritto; domande alle quali non sempre è possibile rispondere; così come è ovvio ritenere che il testo di un manoscritto potrebbe non costituire la stesura definitiva che l’autore avrebbe potuto realizzare, se lo avesse pubblicato. Ma ecco il testo:

“ Il fascismo rivendicò sempre la sua continuità con il Risorgimento e, in realtà, per quanto possa sembrare scandaloso, non è impossibile rinvenire qualche sia pur lontana assonanza fra certe asserzioni mazziniane e qualche slogan fascista. L’assurdità però si chiarisce ove si pensi che ogni grande movimento di pensiero non è mai uguale a se stesso, presenta sempre una serie di diversificazioni locali e soprattutto una sua evoluzione storica. Aderisce in vario modo alle diverse culture, alle singole contingenze storico-politiche e ai loro sviluppi, via via nel suo complesso viene trasformandosi, disegna una sua parabola, inizia una sua decadenza, può arrivare a degenerare fino a rinnegare la sua ispirazione originaria.

“Può accadere dunque certo di individuare nel pensiero mazziniano alcuni presupposti del fascismo. Tali riscontri non mostrano certo che responsabile, padre del fascismo sia Mazzini, ma è chiaro che, prima assai che il fascismo, il nazionalismo – Deutchland uber alles – è, peggio, il razzismo furono figli degeneri delle istituzioni romantiche di “ popolo” e di “ patria” e la mistica fascista ebbe i suoi incunaboli nella sacralizzazione romantica della patria. Identico è più probante ma molto più articolato discorso è possibile se si segue il percorso del cristianesimo fino alla controriforma, alla Inquisizione e, in tempi più recenti a certe forme di cosidetta azione missionaria ( si pensi alla connivenza fra evangelizzazione e colonialismo anche il più efferato). In questo caso però non ‘è un disegno netto di parabola, ché anzi sono evidenti contraddizioni, reviviscenze, risvegli delle più pure fonti ispiratrici anche se alternati e/o affiancati a ritorni involutivi ma che assicurano al Cristianesimo la sua sopravvivenza nei secoli.”

“Altro riscontro è possibile trovare nella storia[del] socialismo da Proudhon a Marx a Lenin a Stalin fin alla tremenda oppressione del “ Socialismo reale” così tragicamente antitetica alla carica liberatoria del pensiero marxiano. E tuttavia, aldilà dei loro trascorsi, delle loro catastrofi storiche, questi movimenti e altri che verranno, lasciano eredità spirituale che rimane incorruttibile e crescente patrimonio umano. E’ quello che Croce diceva del Cristianesimo “ non possiamo non dirci tutti cristiani” può ripetersi del romanticismo, del socialismo, di tutti i grandi movimenti che hanno nutrito il risvolto migliore della umanità.

  1. Santi Maria Radazzo – Ugo Saitta e Giuseppe Beretta: i due inseparabili amici si divertivano a girare film, documentari e a giocare con i pupi siciliani – in “ Agorà” n. 47/2014, pp. 72-75.
  2. “ La Sicilia” del 6 maggio 1961, in Alessandro De Filippo, Ugo Saitta, un album di ricordi; analisi di na stagione cinematografica, Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale, Catania 2012, p. 370.

Nella foto, Giuseppe-Berretta-ritratto-assieme-al-regista-catanese-Ugo-Saitta

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